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25.06.2011
GIORNATA MONDIALE CONTRO LA DROGA
Simone Feder

Pensiamo ai tanti ragazzini che ricorrono in continuazione all’utilizzo di cannabinoidi dandogli un significato terapeutico,

Il 26 giugno ricorre la XXV Giornata Mondiale contro l'abuso e il traffico illecito di sostanze stupefacenti.
La mia sensazione è che attualmente l'allarme sociale rispetto all’uso, abuso, consumo di droghe non sia assolutamente considerato: si sta sempre più diffondendo quasi una sorta di tolleranza all’uso, un’ostinazione a rimarcare la presunta differenza tra droghe leggere e pesanti, l’dea che ‘tanto l’importante è stare a galla’ e non importa con quali mezzi.
Eppure noi addetti ai lavori, che non smettiamo mai di sentirci impotenti e preoccupati giorno dopo giorno, continuiamo ad incontrare famiglie in difficoltà, i tanti genitori e giovani che il problema lo vivono in prima persona, spesso lasciati soli, alla ricerca di una risposta a cui viene risposto unicamente di avere pazienza. All’interno delle istituzioni scolastiche si contestano atteggiamenti di giovani che gridano la loro disperazione, innescando provocazioni ed atteggiamenti che sempre più sconvolgono il quieto vivere comune, ma che ottengono l’unica risposta della repressione. Gli insegnanti si trovano a dover gestire situazioni problematiche senza avere risorse e strumenti necessari da chi dovrebbe supportarli in questo difficile compito e spesso i più svantaggiati sono destinati a cavarsela da soli.
È necessario fare attenzione all’educazione perché quella è la vera prevenzione. Ma che educazione? L’educazione dello stare e del fare con le persone…
Da una recente ricerca (2010-11) effettuata all’interno della Federazione Com.E. (Comunità Educative della Lombardia) su un campione di circa 850 persone emerge che il 76% delle persone accolte nelle 17 realtà ha dichiarato di aver iniziato l’abuso di sostanze con il fumo di cannabinoidi.
Il tempo che passa dal primo utilizzo di essi alla prima assunzione di una “sostanza pesante“ è in media di 3 anni, con il 48% entro i primi 2 anni e il 77% entro i primi 4.
Sembra, quindi, esserci una buona finestra di tempo nella quale realizzare interventi mirati per prevenire il passaggio ad altre sostanze. L’utilizzo di questo tipo di politiche preventive, che si pongono come obiettivo principale quello di aggredire sin da subito il disagio, potrebbe risultare un’importante fonte di riduzione del costo sociale.
Dal campione emerge che la media della durata dell’abuso di sostanze (dalla prima assunzione all’ingresso in comunità) è di 15 anni, con diversi soggetti che entrano in comunità a 40 anni con più di 20 anni di abuso alle spalle.
Pensiamo ai tanti ragazzini che ricorrono in continuazione all’utilizzo di cannabinoidi dandogli un significato terapeutico, perché devono trovare qualcosa che li rilassi e aiuti a staccare dal contesto, oppure a quelli che nei parchetti si stordiscono con l’alcool, se pensiamo che Il 25% dei ragazzi delle scuole medie e superiori dichiara di essersi ubriacato almeno una volta (indagine fatta su 2500 ragazzi nelle scuole di Pavia nel 2010).
Tantissime pubblicazioni ormai ci informano riguardo ai danni, a volte irreversibili, che procurano le sostanze soprattutto in giovane età, non è possibile rimanere alla finestra a guardare lo spettacolo. Intervenire precocemente, attraverso programmi flessibili, attività all’interno del percorso terapeutico che li aiutino ad acquisire valori, disciplina, fare in modo che la comunità terapeutica diventi una vera e propria comunità di vita: è questo quello a cui oggi si deve indiscutibilmente puntare.
Sempre dalla ricerca, risulta che i ragazzi sotto i 20 anni che abusano di eroina entrano in comunità già con terapia sostitutiva (metadone o subutex) nel 66% dei casi. Il Subutex viene utilizzato più frequentemente con i soggetti più giovani. La percentuale di soggetti con terapia sostitutiva diminuisce nelle fasce d’età dai 20 ai 40 anni, e dai 40 in poi aumenta in modo significativo.
Mai come in questi anni accogliamo nelle comunità giovani che decidono di prendere in mano seriamente la propria vita. Arrivano con situazioni devastanti alle spalle da cui, nel giro di qualche anno, si ritrovano ad essere travolti. In comunità decidono di fare un percorso, imparano un lavoro, uno stile di vita alternativo, riprendono in mano gli studi e si progettano nel futuro.
Le comunità in questi anni hanno cercato di coinvolgere il territorio per fare in modo che sia il territorio stesso che si prenda cura del proprio soggetto debole e quindi cercare di creare una cultura di solidarietà utile per aggredire l’indifferenza.
L’arma vincente sono proprio loro: i giovani. Sono loro che ci aiutano, ci osservano, ci scrutano, ci interrogano e non ci lasciano nel nostro quieto vivere con i tanti loro perché in attesa di risposte sensate e sentite.
Sono loro che ci conducono ad abbracciare le armi della speranza e ad andare avanti. Puntiamo su di loro, ci aiuteranno ad aprire le porte del cuore di quei tanti loro coetanei che vivono schiavi del vizio e della sofferenza, nella solitudine della miseria. Inchiniamoci davanti a questo dolore che spesso urla in silenzio e cerchiamo di avere il coraggio di guardare oltre…

Simone Feder

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