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09/06/2009
Fermiamo la cronicità
Di Simone Feder

Da ogni dove da troppi anni continuano a rimbalzare tra le righe dei giornali, sulle riviste specialistiche, nelle conferenze che si occupano di dipendenze queste parole: ‘RIDUZIONE DEL DANNO’.
Ma che cosa intendiamo quando parliamo di riduzione del danno?
Innanzitutto parlando di questo, accettiamo dentro di noi che il danno ci sia, che sia inevitabile e che l’unica cosa che possiamo fare è limitarne l’intensità. Mi chiedo però se possiamo nel nostro lavoro progettare su questo.

Fermiamo la cronicità
Di Simone Feder

Da ogni dove da troppi anni continuano a rimbalzare tra le righe dei giornali, sulle riviste specialistiche, nelle conferenze che si occupano di dipendenze queste parole: ‘RIDUZIONE DEL DANNO’.
Ma che cosa intendiamo quando parliamo di riduzione del danno?
Innanzitutto parlando di questo, accettiamo dentro di noi che il danno ci sia, che sia inevitabile e che l’unica cosa che possiamo fare è limitarne l’intensità. Mi chiedo però se possiamo nel nostro lavoro progettare su questo.


Credo che la radice profonda di ogni nostro intervento si debba ricercare non in azioni che mirano alla riduzione del danno, bensì ad altro. I ragazzi che accogliamo e che incontriamo ci chiedono di credere e sperare con loro in qualcosa di grande e con che credibilità io posso parlar loro di riduzione del danno quando mi chiedono di ricostruire tutta la loro vita?
Rivolgiamoci alle persone che quotidianamente incontriamo nei nostri luoghi di cura e di riabilitazione, all’interno delle nostre comunità o dei nostri centri di pronto intervento, nelle strade e nelle piazze, sentiamo da loro che cosa hanno realmente bisogno.
Si continua a parlare di stanze del buco, di somministrazione controllata, di eroina, di pill testing… Tutto ciò non me lo spiego, è ora di dare nuove letture al problema delle sostanze, vederlo sotto altri aspetti, non possiamo più considerarlo solo dal punto di vista della sanitarizzazione del problema.
Creare stanze di somministrazione per chi? Oggi le persone che incontro sono purtroppo incappati nell’eroina giovanissimi e la loro modalità di assunzione non ha nulla a che fare con la siringa e allora? Li aiutiamo a fumare l’eroina? Offriamo loro l’accendino e la stagnola?
In quanto al pill testing siamo proprio sicuri che se un giovane scopre della bidonata del contenuto della sostanza acquistata non la rivende a qualcun altro pur di recuperare i soldi per un’altra dose? Pensate che questi pill testing riescano realmente a capire la presenza di un contenuto dannoso in un mondo di trafficanti che continuano ad immettere nel mercato sostanze di nuova composizione? E allora che facciamo investiamo in pill testing sempre aggiornati che dopo un mese sono già vecchi?
Ma la risposta istituzionale non può essere relativa al solo fatto che tutto ciò non verrà permesso sul territorio italiano perché le leggi non ne consentono l’applicazione.
Come spieghiamo poi alle nuove generazioni la nostra politica di lotta alla droga condotta in questo modo, come può un giovanissimo capire che sta sbagliando se sente intorno a lui progetti e iniziative che garantiscono la sicurezza in un atto di per sé illegale?
Vi prego, nessuno si permetta di distruggere i giovani: questo deve essere il nostro motto. È una nuova cultura che deve passare, fatta di precise indicazioni, i ragazzi devono poter capire cosa è bene e cosa è male, ma non è tutelando l’illegale e il dannoso che la situazione migliorerà.
E allora il mio pensiero va al centro di bassa soglia “In & Out” (Drop in) finanziato dall’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia, all’idea diversa di accoglienza e sostegno ai più poveri e disagiati, ad una risposta di riduzione del danno diversa che cerchiamo di portare avanti qui a Pavia da due anni..
Nell’ultimo anno (da aprile 2008 ad aprile 2009) abbiamo accolto 10.501 persone, dei quali 185 nuovi arrivi. Il centro è stato aperto per 255 giorni per 1487 ore di servizio: 5 persone accompagnate e seguite in corsi professionali, 20 inserite nel mondo del lavoro tutte persone che hanno trovato nel centro ascolto e un sostegno concreto. Tutte persone che erano classificate come croniche e senza futuro dai più. Alcuni di loro attraverso progetti personalizzati hanno iniziato a lavorare, seguendo corsi di formazione appositi e tenendosi in questo modo lontani da condotte devianti e problematiche per la società e per sé prima di tutto. Ma tutto questo ha bisogno di sostegno, di impegno concreto, di continuità…
Le 1271 lavatrici industriali, le 1182 asciugatrici industriali, le 4.107 docce e le più di 8000 colazioni, le 8405 merende pomeridiane, le 16010 bevande non possono lasciarci indifferenti rispetto all’importanza di questi servizi e alla necessità che tutto questo possa avere un seguito e una garanzia anche e soprattutto dalle istituzioni.
567 colloqui strutturati individuali, 91 persone accompagnate e monitorate con i servizi pubblici (SerD e CPS), 208 prestazioni mediche e sanitarie offerte, 28 persone inserite nel dormitorio pubblico… Dove sarebbero andate queste persone altrimenti? Come poter ricostruire la propria vita, dopo avere perso tutto, senza avere nemmeno la possibilità di soddisfare i bisogni primari?
Certo che le difficoltà incontrate sono state molte, i loro bisogni sempre più esigenti, le loro sofferenze sempre più meritevoli di presa in carico, altrimenti che finalità avrebbe questo servizio ?
Spesso mi chiedo come arginare tutto il disagio che devasta i giovani che vivono condizioni più disperate.. la soluzione si trova solo attraverso una presa in carico globale, dove non ci si limiti alla riduzione, alla mera risposta alle esigenze, bensì si punti alla presa in carico dei loro vissuti.
Per fare ciò dobbiamo portare nel nostro cuore i loro disagi, le loro storie, le loro sofferenze senza limitarci, ma andando oltre. Ed è allora che tutto ciò ha un riflesso nelle nostre coscienze e nel nostro impegno verso di loro.
Oggi più che mai è indispensabile rivedere la nostra idea di “riduzione del danno”. Sconfiggerla cercando di mettere in giro una cultura che aiuti i giovani a credere in loro stessi e che porti molti di loro che si considerano cronici, irrecuperabili, all’idea che qualcosa di nuovo possa sempre accadere, che la speranza sia sempre un faro da cercare.
Saranno loro poi ad essere i promotori di tale cultura salvifica, saranno loro poi con il loro tam tam che ci aiuteranno e si faranno portatori di chi voce non ne ha e non ha la possibilità di pronunciarsi.
Il benessere di una società dipende da come le persone si prendono cura dei più sofferenti, da quanto ognuno riesce a prendersi le proprie responsabilità a seconda anche delle proprie cariche politiche, non è più il tempo delle deleghe, è ora di agire.

Simone Feder
Coordinatore Area Adulti
Comunità Casa del Giovane Pavia


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