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28.10.2009
Le malattie del piacere
di Riboldi Franco

L'addiction (l) da eroina si colloca nel mondo delle "dipendenze patologiche" e da qui è necessario partire per focalizzarla al meglio.

C'è un filo conduttore che lega il tuo "disagio" a tanti altri. Un denominatore comune che "allarga" il problema, ma che lo rende però più comprensibile. Il percorso che stai per iniziare inizia dal concetto di "dipendenza ". Con questo termine si intende semplicemente uno stato di bisogno o di attaccamento. E'un concetto molto ampio che non traduce, di per sé, alcuna malattia e abbraccia tutte quelle situazioni in cui viene a mancare l'autonomia. Capita a tutti nella vita di sperimentare condizioni in cui è necessario appoggiarsi a qualcuno per soddisfare bisogni cui è impossibile fare a meno. Pensa per esempio alla dipendenza dai genitori durante l'infanzia. Come potrebbe un bambino piccolo sfamarsi, vestirsi e crescere senza l'aiuto di persone che lo accudiscono e gli vogliono bene? Molte dipendenze sono situazioni normali della vita e non vanno affatto connotate in senso negativo. Certo, in tali contesti vengono meno la capacità decisionale, il senso di responsabilità, l'affermazione di sé, ma in compenso si hanno garanzie di protezione e di sicurezza ugualmente importanti per la realizzazione personale. Quando però la dipendenza si prolunga oltre i limiti fisiologici, come nel caso di un'eccessiva dipendenza dai genitori anche dopo la fase adolescenziale (la cosiddetta "tarda adolescenza"), oppure si caratterizza per un "attaccamento anomalo", senza cioè alcuna valida ragione di esistere, si sconfina nella patologia. Ovviamente non tutti gli attaccamenti "senza ragione" sono da ascriversi tra le addictions. Immagina per esempio che un adulto "si innamori" di un giocattolo per bambini piccoli e se lo tenga sempre accanto, portandolo con sé ovunque vada e soffrendo al solo pensiero di doversene separare. Possiamo considerare questo comportamento una dipendenza patologica? Anche qui ci troviamo davanti ad un "attaccamento anomalo", ma l'impronta è nettamente psichiatrica e ciò non ha nulla a che vedere con le dipendenze patologiche. Queste vanno intese esclusivamente come "malattie del piacere": l'attaccamento patologico è cioè strettamente correlato al piacere. Ciò di cui "non puoi più fare a meno" è il bisogno di una particolare sensazione gratificante, un bisogno che si inserisce nella tua vita in modo prepotente, totalizzante, come un obbligo cui non ti puoi rifiutare e che ti impedisce di dedicarti ad altro. Non si tratta di un semplice "vizio" come si riteneva in passato, bensì di un'alterazione funzionale a livello del cervello, in un'area di questo organo molto importante per la vita: il cosiddetto "centro del piacere" (2). Nelle sue varie espressioni il piacere è ciò che da colore alla mono-tonia della vita, ciò che previene l'abbattimento dell'umore, ciò che ricarica l'energia vitale di ogni essere vivente. Rappresenta il "premio" che madre natura ti offre ogni qualvolta agisci nel modo giusto. Pensa che tristezza se non provassi alcuna soddisfazione nel gustare il tuo piatto preferito o nel dare un bacio alla persona che ami. Il piacere è un ingegnoso sistema, creato dall'evoluzione milioni di anni fa, per stimolare gli abitanti della terra ad appagare i bisogni essenziali per la sopravvivenza. E' quindi uno strumento fisiologico importantissimo, inserito in meccanismi neurologici estremamente delicati che regolano e condizionano gran parte del comportamento.

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