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18.03.2010
Spunti per una rimodulazione del sistema di cura sulle Dipendenze.
Di Maurizio Mattioni Marchetti

Ripensare un sistema non equivale necessariamente a squalificare il pregresso, anzi nel caso delle dipendenze si evidenzia come una necessità dovuta alla costante mutazione della fenomenologia relativa alle modalità di consumo delle sostanze.

Da una sistematizzazione dell’ organizzazione improvvisata iniziale, siamo arrivati oggi ad una notevole complessità di sistema, che se da una parte ha cercato di portare l’attenzione su di un controllo maggiore degli esiti delle risposte , dall’altra parte ha creato una parcellizzazione delle cure in fasi diverse in strutture diversificate.
In questo momento, a mio avviso, serve una semplificazione del sistema affinchè sia possibile fornire una unitarietà nel trattamento così che un utente possa trovare nella struttura scelta per la cura tutto il percorso tratta mentale.
Oggi i servizi sono divisi per 8 tipologie socio sanitarie che si suddividono per priorità della sintomatologia espressa al momento della presa in carico; questi interventi che nella massima parte si assomigliano, si differenziano per due sole grandi aree: 1-interventi ambulatoriali. 2-interventi residenziali o semi residenziali che si specificano per percentuali di minutaggio del personale e con aggiunta di personale specializzato.
Questa modalità di suddivisione da una parte ha snaturato l’intervento ambulatoriale lasciandolo sprovvisto di una parte di intervento” interni stico”, dall’altra ha inoltre snaturato l’intervento residenziale (comunità) determinando un appesantimento dell’attività specialistica sanitaria.
L’idea di fondo è rimettere in equilibrio il sistema, cioè apportare un intervento importante sanitario completo in tutte le sue fasi, riducendo i tempi e puntando alla disintossicazione completa degli utenti e ridare alle comunità il senso dell’intervento educativo a lungo termine per soggetti non rispondenti ai trattamenti sanitari intensivi.







Prospetto per una semplificazione del sistema:
Divisione in tre unità organizzative d’intervento.

Punto 1° Raggruppamento di tutte le funzioni e prestazioni attuali di intervento ambulatoriali e residenziali specialistiche in un unico servizio (sia pubblico, sia privato, sia misto pubblico privato).
Studiare un percorso comune in cui i ser.t/s.m.i. e le comunità terapeutiche più le strutture specialistiche si raggruppano in base a criteri di densità di popolazione in un'unica unità operativa in grado di soddisfare sia l’esigenza della diagnostica clinica, sia l’esigenza di ricovero e disintossicazione in un sistema residenziale attivo in cui il Pz è co-attore della propria cura (utilizzando la modalità di residenzialità propria della comunità terapeutica con la possibilità di usufruire delle prestazioni sanitarie).
I percorsi terapeutici così impostati hanno la funzione di raggiungere una condizione di disintossicazione completa della persona. I trattamenti così impostati non possono avere una degenza maggiore di tre mesi ed essere ripetuti nell’arco dell’anno sullo stesso utente.
Gli esiti così impostati si possono risolvere in:
-l’utente termina il ciclo di cura
-l’utente prosegue la cura attraverso un intervento ambulatoriale di controllo e monitoraggio
-l’utente passa ai punti 2° o 3°
-l’utente definito a doppia diagnosi passa in cura al dipartimento di salute mentale

Punto 2° Raggruppamento delle comunità pedagogiche in una unica tipologia in cui gli utenti inseriti abbiano già concluso un programma di disintossicazione ma non hanno possibilità di autonomia sociale.
L’utenza che può accedere a tale servizio deve avere concluso le terapie sostitutive e non avere terapie importanti psichiatriche in ogni caso per il monitoraggio delle terapia la responsabilità è dei servizi al punto 1°.
La tipologia di comunità deve avere caratteristiche tipicamente educative e la parte di ergoterapia strutturata in un vero e proprio lavoro deve essere la terapia predominante. E’ auspicabile che la parte lavorativa sia configurabile come compartecipazione alla retta giornaliera dell’utente (da configurare come lavoro per persone svantaggiate). In questo

senso è importante attivare una collaborazione con il mondo della produzione per reperire nicchie di mercato produttivo apposite per questa tipologia di utenza.
Per questo tipo di comunità il personale in dotazione non deve essere misurato nel minutaggio ma una percentuale di educatori professionali per numero di ospiti, e prevedere l’impiego nel personale di chi abbia terminato il percorso positivamente per l’organizzazione della comunità stessa.
La non obbligatorietà del percorso terapeutico deve essere da stimolo per gli utenti nel percorso di responsabilizzazione per cui la comunità non ha obbligo di mettere in atto forme di controllo con personale notturno, l’unica forma di controllo è sugli esami biologici a sorpresa(da parte dei servizi al punto 1°). In ogni caso se è chiaro che usare sostanze è una azione illegale è altrettanto chiaro che la comunità è una occasione per non subire una condanna. Nell’eventualità del non rispetto dell’accordo di astinenza nel percorso si accede al 3° punto.
IL percorso ha una durata massima di 36 mesi compreso l’inserimento sociale. Di norma non può essere attivato per due volte sulla stessa persona nell’arco della propria vita.
ESITI:
-fine percorso
-invio al punto 1° per monitoraggio
-invio al punto 3°

Punto 3°
Comunità pedagogica con ergoterapia predominante con un minimo di 50 utenti per gruppo. Caratteristica della struttura è essere alternativa alla pena in carcere, i programmi espressi sono in base determinati dalla pene da scontare. Strutture da attivarsi in collaborazione con il ministero di grazia e giustizia. Anche qui il lavoro è da ritenersi come supporto al proprio mantenimento.
(Per ogni altro tipo di trattamento sulle dipendenze è lasciato libertà al terzo settore delle onlus l’organizzazione di progettazioni le quali non dovranno essere a carico del fondo sanitario regionale…)

Link e documenti da scaricare

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