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16.08.2010
Ragazzi di oggi: sesso, droga e riti intimi di passaggio
di Alessandro Porrovecchio

la traccia di un malessere che in alcuni casi diventa privo di controllo,non va curato ma va prevenuto.

Seduto nella sala di attesa dell’aeroporto di Caselle, di fronte alla grande vetrata dalla quale si possono vedere gli aerei in fase di decollo, trovo, probabilmente abbandonato da un passeggero distratto, un giornale aperto alla pagina di cronaca. L’occhio scivola su un articolo dedicato agli adolescenti, uno dei tanti che si incontrano di questi tempi; il giornalista spiegava come alcune minorenni di una scuola milanese, avessero deciso di inviare via MMS delle immagini pornografiche in cambio di ricariche telefoniche.
La notizia, per associazione, mi ha riportato ad una vicenda lavorativa che mi ha colpito in maniera particolare: in occasione di alcuni incontri con dei ragazzi, condotti per conto dell’Università degli Studi di Torino, rimasi impressionato dalla loro reazione a seguito della proiezione di un servizio del Tg1 sullo stesso tema. Mi aspettavo una netta presa di distanza, invece, la cosa non sembrava affatto averli meravigliati; mi raccontarono, non senza un velato moralismo, di alcune vicende simili avvenute nelle scuole della zona in cui abitavano. Tornato a casa, decisi di cercare in rete per informarmi sul fenomeno e viaggiando nei siti delle maggiori testate nazionali, in pochi minuti, rintracciai centinaia di articoli di cronaca relativi agli adolescenti.
Coloro che forniscono spiegazioni circa il mondo dei giovani sono quasi sempre giornalisti e scrittori, testimoni non ben identificati della nostra società, leader d’opinione molto lontani dal mondo della strada; è difficile che venga chiamato in causa uno specialista e tanto meno che venga data la parola agli stessi ragazzi. I temi trattati sono sempre gli stessi, intrisi di perbenismo e giudizi morali: sesso, alcool, violenza, droga, bullismo e incidenti stradali, il tutto condito con una buona dose di voyeurismo e feticismo, che non fa mai male. Sembra che la vita degli adolescenti, oggi, consista in una continua ricerca dell’emozione sopra le righe, sembra essere legata in maniera particolare al “rischio”, al sesso e ad ogni possibile commistione di questi due elementi. Ma è veramente così’?
Posto che non tutti gli adolescenti vivono concretamente immersi nel “rischio” – e questo lo dimostrano anche le ultime indagini dell’istituto IARD – è chiaro come la tendenza alla performance ed il fascino del “rischio” abbiano un certo peso nell’immaginario e nei comportamenti dei giovani in generale. È importante notare come questa dimensione sia incarnata nella natura dell’adolescente stesso: la psicologia e la sociologia ci spiegano come il suo percorso – e quello del suo corpo – sia socialmente, psichicamente e simbolicamente “carico”, perché prevede la “morte” del corpo infantile attraverso la sua trasformazione e rinascita nel corpo adulto, la costruzione di una identità adulta.
Per far fronte a queste trasformazioni gli adolescenti sono sempre stati inseriti in un percorso composto da una serie di riti sociali e simbolici, gestiti e condivisi dalla collettività di riferimento. Tradizionalmente, quindi, le vite dei giovani erano scandite da una serie di “tappe” obbligate, una serie di “prove” da superare che li avrebbero legittimati socialmente. Ora, per diverse ragioni, questi riti di passaggio sono decaduti, oppure sono divenuti privi di significato e quindi l’adolescente si trova sempre più intimamente impegnato in una difficile ricerca di senso che lo legittimi.
I meccanismi inerenti ai riti di passaggio non esistono più, probabilmente perché sono andate a decadere – o si sono trasformate – anche le strutture socializzanti alla base di tali riti: ad esempio la famiglia, la chiesa o la scuola hanno in parte perso il loro tradizionale ruolo e la loro “forza” come luogo di socializzazione e di educazione. Il giovane però ha ancora un bisogno di effervescenza e di comunione, che lo porta a costruirsi quelli che definiamo “riti intimi di passaggio”. Un esempio è rintracciabile nel “gioco con la morte”, che non è definibile come un “desiderio di morte”: una buona parte dei giovani che hanno tentato il suicidio spiegano la loro azione, non con la ricerca della morte, bensì con la voglia di sparire, di cancellarsi, per provare o far provare alle persone a lui vicine la sensazione della sparizione e della perdita. Si tratta quindi di un “mettersi alla prova” per provocare una reazione negli “altri”, andando infine ad assumere ai loro occhi uno status nuovo.
I giovani cambiano, quindi, perché sono i tempi a cambiare. L’“interminabile adolescenza” – sempre più lunga, quasi infinita – è figlia dei mutamenti che hanno segnato il XX secolo e le “condotte a rischio” sono un modo per affrontare le problematiche attuali e specifiche dell’adolescenza, una modalità con cui il giovane affronta la ricerca di senso nella costruzione del Sé, propria di questa fase della vita.
Questo modo di affrontare e di definire il tema delle “condotte a rischio” permette di evitare l’errore di considerare alcuni atteggiamenti e comportamenti come patologici – e quindi necessitanti di cura medico-psichiatrica – e pone l’accento, piuttosto, sulla dimensione preventiva del malessere. Esse si delineano, quindi, come un tentativo di ritualizzare il difficile passaggio all’età adulta, perché la vita sociale ha bisogno di riti per affrontare una serie di passaggi cruciali dell’esistenza, che siano collettivi oppure individuali. Nel rito di passaggio all’adolescenza, troviamo una serie di tempi di iniziazione che permettono di abbandonare il mondo dell’infanzia, caratterizzato dall’immediatezza e dall’indistinzione sessuale e di genere, per entrare nel mondo degli adulti e della cultura del gruppo. Che siano lunghi qualche mese, oppure brevi, quasi istantanei, i riti intimi di passaggio non hanno come unico scopo l’accesso ad uno status, ma partecipano anche della costruzione dell’individuo.
Per alcuni adolescenti il divenire adulto, quindi, non è più un’acquisizione automatica – se pur da sempre difficile –, ma è diventato una conquista ardua in cui il corpo è messo in gioco in maniera decisiva, a volte – ma non sempre, anzi, solamente in pochi casi – pericolosa. Gli eventi di cronaca così facilmente reperibili in qualsiasi giornale, quindi, non sono la testimonianza di uno spirito del tempo che vede la nostra gioventù immersa in una subcultura amorale e peccaminosa, sono solamente la traccia di un malessere che in alcuni casi diventa privo di controllo, che non va curato – in quanto non è sempre patologico – ma va prevenuto.

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